24
Mag2023

IL TAR CATANIA SI PRONUNCIA SULL’OBBLIGO DEL COMUNE DI “RIPIANIFICARE” LE AREE INTERESSATE DA VINCOLO ESPROPRIATIVO SCADUTO

Con la sentenza n. 1551 del 12 maggio 2023, il Tar Catania (sezione seconda) si è pronunciato in merito alla sussistenza dell’obbligo dell’Amministrazione Comunale di attribuire una nuova destinazione urbanistica alle porzioni di aree già interessate da vincolo espropriativo scaduto.

In argomento, occorre premettere che, ai sensi degli articoli 8 e 9 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, l’adozione di un provvedimento di espropriazione per pubblica utilità può avvenire solo in relazione ad aree che siano sottoposte a vincolo preordinato all’esproprio.

Tale vincolo può discendere dall’approvazione del piano urbanistico generale oppure da qualsiasi atto che, ai sensi della normativa vigente, comporti una variante al piano urbanistico e ha la funzione di individuare in modo puntuale il luogo interessato dalla realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità.

Secondo quanto previsto dall’art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 327/2001, il vincolo espropriativo ha una durata pari a cinque anni e, di conseguenza, decade una volta decorso tale periodo di tempo.

Sul punto, con la sentenza in commento, il Tar siciliano ha statuito che la scadenza del vincolo espropriativo comporta un vero e proprio obbligo a carico dell’Amministrazione di reintegrare la disciplina urbanistica dell’area interessata dal vincolo decaduto con una nuova pianificazione, che definisca le condizioni di utilizzabilità del bene e non lasci il bene stesso privo di una concreta disciplina urbanistica.

Non appare, quindi, plausibile una procrastinazione che rinvii tale determinazione all’adozione di un nuovo Piano Regolatore Generale, anche perché ciò determinerebbe una non giustificata discriminazione del proprietario dell’area in relazione alla quale il vincolo espropriativo è scaduto. Pertanto, a fronte di un’istanza del proprietario volta ad ottenere l’attribuzione di una nuova destinazione urbanistica, il Comune, in forza del principio generale sancito dall’art. 2 della L. 241/1990, è tenuto ad esaminarla in concreto, pronunciandosi con una determinazione esplicita e conclusiva.

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