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Giu2023

IL CONSIGLIO DI STATO SI PRONUNCIA SUL CONCETTO DI PERTINENZA E SULLE DIFFERENZE TRA NOZIONE CIVILISTICA E URBANISTICA

Con la sentenza n. 4667 del 9 maggio 2023, il Consiglio di Stato (sezione sesta) si è pronunciato in tema di pertinenze in senso urbanistico, avendo modo di soffermarsi sulle differenze rispetto al corrispondente concetto di matrice civilistica.

In argomento, occorre premettere che, secondo costante giurisprudenza, ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale civilistico ex art. 817 e ss. c.c., tra bene principale e bene accessorio è necessaria sia la presenza del requisito soggettivo – vale a dire, l’appartenenza di entrambi al medesimo soggetto – sia la presenza del requisito oggettivo – ossia la contiguità, anche solo di servizio, tra detti beni, dovendo il bene accessorio necessariamente arrecare un’utilità a quello principale.

Per contro, gli elementi costitutivi della pertinenza in senso urbanistico possono essere individuati, da un lato, nell’esiguità quantitativa del manufatto, tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio e, dall’altro lato, nell’esistenza di un collegamento funzionale tra il manufatto e l’edificio principale, non potendo, di conseguenza, il primo essere utilizzato separatamente ed autonomamente rispetto al secondo.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha chiarito che il concetto di pertinenza urbanistica è, dunque, meno ampio di quello ex art. 817 c.c.

Infatti, il vincolo pertinenziale – che lega il manufatto accessorio all’edificio principale -comporta l’impossibilità per il manufatto accessorio di avere alcuna diversa utilizzazione economica rispetto al secondo.

E così, sempre dal punto di vista urbanistico, non possono ritenersi beni pertinenziali quegli interventi edilizi che, pur legati da un vincolo di servizio a un bene principale, non siano tuttavia coessenziali, ma ulteriori rispetto ad esso, in quanto suscettibili di un utilizzo autonomo e separato e in quanto occupanti aree e volumi diversi dal bene principale.

Tale natura è riconoscibile soltanto a opere di modesta entità e accessorie rispetto a quella principale e non anche ad opere che, per dimensioni e funzione, abbiano un’autonomia propria rispetto all’opera principale cui accedono e non siano dunque serventi rispetto alla stessa.

Con la sentenza in commento, dunque, il Consiglio di Stato ha precisato che il concetto di pertinenza urbanistica ha un significato diverso rispetto alla nozione civilistica e si fonda su tre requisiti negativi: l’assenza di un’autonoma destinazione del manufatto pertinenziale, di un’incidenza sul carico urbanistico e di una modifica all’assetto del territorio.

Il manufatto, dunque, può essere considerato una pertinenza urbanistica quando è, non solo, preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale, ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma è altresì privo di un autonomo valore di mercato e non comporta ulteriore carico urbanistico, esaurendo la sua finalità nel rapporto funzionale col fabbricato principale.

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