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Ott2022

L’ESECUZIONE DI UN ORDINE DI DEMOLIZIONE SOSPESO DAL GIUDICE VIOLA LA CEDU

Con la sentenza del 20 settembre 2022 (n. 51470/15), la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. II, si è pronunciata sul ricorso proposto da un cittadino turco, il quale si è visto demolire dalle autorità turche la propria abitazione provvisoria, edificata previo ottenimento di un certificato di cessione del titolo di proprietà su un terreno pubblico che, all’epoca in cui il ricorrente aveva ottenuto il suo certificato di assegnazione, era stato destinato, nello strumento urbanistico, alla costruzione di una scuola.

In particolare, il ricorrente, richiamando l’art. 6 § 1 (diritto ad un equo processo) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), sosteneva che l’amministrazione avesse demolito la sua abitazione quando, tuttavia, il tribunale amministrativo di Ankara aveva ordinato la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di demolizione.

Sul punto, innanzitutto, la Corte ha ricordato come l’art. 6 della Convenzione è applicabile ad un procedimento sommario avente lo stesso oggetto del procedimento principale quando l’ordinanza cautelare è immediatamente esecutiva e mira ad incidere sullo stesso diritto.

Nel merito, poi, la Corte ha ritenuto che la demolizione, operata dall’amministrazione nonostante la sospensione dell’esecuzione del provvedimento di demolizione disposta dal tribunale amministrativo, non fosse compatibile né con il diritto turco né con i principi generali dell’art. 6 della Convenzione e che violasse manifestamente lo stato di diritto, fondato sulla certezza dei rapporti giuridici.

In questi termini, la Corte di Strasburgo ha condannato il comportamento delle autorità amministrative turche, le quali, così agendo, hanno determinato una violazione del diritto al giusto processo, privando il provvedimento giurisdizionale, sebbene a carattere interinale, della sua efficacia, con conseguente violazione dell’art. 6 CEDU. Giudizio, questo, reso in conformità al costante orientamento giurisprudenziale della Corte EDU, secondo cui il diritto ad un processo garantito ai sensi dell’art. 6 della CEDU sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico interno di uno Stato contraente consentisse che una pronuncia giudiziaria definitiva – sia essa una sentenza o un’ordinanza – e vincolante rimanesse inoperante a danno di una delle parti.

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