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Giu2023

SULL’«INTERESSE CULTURALE»: VALUTAZIONI DI MERITO (OPPOSTE) A CONFRONTO

a cura della Dott.ssa Tiziana Zanetti

Una delle questioni che maggiormente affanna il mondo dell’arte, e anche il diritto dell’arte, è certamente quella dell’individuazione o meno dell’“interesse culturale” nella “cosa” (che solo nel primo caso diventa “bene culturale” con tutte le conseguenze in punto di «tutela»).

Valutazioni – di natura tecnico-scientifica – effettuate dalla P.A. risultano spesso differenti, se non opposte, rispetto a quelle del perito di parte. Quale “verità” dunque per l’opera d’arte?

Affrontiamo (nuovamente) il tema richiamando la questione degli Indirizzi di carattere generale ai quali gli Uffici esportazione devono attenersi per la valutazione circa il rilascio o il rifiuto dell’attestato di libera circolazione contenuti nel D.M. 537 del 2017.

Ricordiamoli:

1) qualità artistica dell’opera;
2) rarità in senso qualitativo e/o quantitativo;
3) rilevanza della rappresentazione;
4) appartenenza a un complesso e/o contesto storico, artistico, archeologico, monumentale, anche se non più in essere o non materialmente ricostruibile;
5) testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo;
6) testimonianza rilevante, sotto il profilo archeologico, artistico, storico, etnografico, di relazioni significative tra diverse aree culturali, anche di produzione e/o provenienza straniera.

Sull’argomento si è di recente pronunciato il Consiglio di Stato, Sez. VI con sentenza n. 4686 del 9 maggio 2023. Alcuni tra i passaggi più rilevanti: innanzitutto la conclusione che, essendo la valutazione della P.A. di natura tecnico-scientifico (“discrezionalità tecnica”), necessaria per la valutazione di fatti complessi che richiedono particolari competenze, il giudice potrà vagliarla «con riguardo alla loro specifica ‘attendibilità’ tecnico-scientifica» chiarendo così il limite del sindacato giurisdizionale in caso di vincolo: «il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Amministrazione, dovendo di regola verificare se l’opzione prescelta da quest’ultima rientri o meno nella ristretta gamma delle risposte maggiormente plausibili e convincenti alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto».

Interessante anche la disamina dei requisiti presenti nella “cosa” sui quali si basano i suddetti elementi di valutazione: in particolare si porta l’attenzione sul criterio dell’essere una testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo a proposito del quale il succitato decreto ministeriale, richiamato nella sentenza, indica «la possibilità di valutare il bene in quanto testimonianza significativa di una collezione privata rilevante – di formazione tanto storica, quanto contemporanea – o di un contesto particolare di storia locale» e la conseguente necessità di prendere in considerazione anche «la natura del complesso di appartenenza che deve essere caratterizzato da una intenzione collezionistica riconoscibile o dal legame con un complesso ben individuabile di tradizioni sociali e culturali».

Inutile dire che non mancheranno occasioni per tornare sull’argomento..

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