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Gen2022

STREET ART OVVERO L’ARTE CHE (UNA VOLTA ANCORA) SFIDA IL DIRITTO – PARTE II

a cura della Dott.ssa Tiziana Zanetti

Con quali strumenti il diritto penale affronta il fenomeno street art?

Lo abbiamo chiesto al Giudice del Tribunale di Verbania, Dott.ssa Annalisa Palomba, che negli ultimi anni si è occupata, anche come Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Varese, di numerosi casi in materia, alcuni diventati famosi a livello nazionale (anche) per gli strumenti investigativi utilizzati.

Ci soffermiamo proprio su questo aspetto: quali sono i principali strumenti investigativi a disposizione del Magistrato ovvero delle Forze dell’Ordine?

In materia di street art si affiancano ai mezzi di ricerca della prova classici, previsti dal codice di procedura penale, nuovi metodi scientifici, ma soprattutto protocolli di indagine autonomi e innovativi e specificatamente affinati per questo tipo di reato.

I mezzi classici sono: gli accertamenti urgenti, le perquisizioni, i sequestri, le ispezioni, i sequestri di corrispondenza, i decreti di esibizione, l’acquisizione di atti, il sequestro informativo, le intercettazioni, la consulenza tecnica, le dichiarazioni testimoniali etc.

A questi si affiancano: lo studio analitico dei graffiti per decodificare la firma o la “crew” (il gruppo), le perizie chimiche e merceologiche di comparazione sulle vernici o sugli spray, eventuali consulenze grafologiche, l’analisi dei social network dove solitamente vengono “postati” dai “graffitari” i lavori svolti con auto-attribuzione delle opere, il sequestro con copia forense di computer, telefoni e tablet per le dovute analisi e comparazioni, i tabulati con la verifica delle celle per la presenza e localizzazione degli autori del reato al momento del fatto, le dichiarazioni dei membri del gruppo o di altri amici presenti ad eventi.

La street art sollecita, tra le altre, una riflessione sulla linea (sottile?) che distingue l’imbrattamento dalla libera manifestazione della “creatività” di un soggetto: quali sono i criteri principali che vengono utilizzati dal Giudice in sede processuale?

La risposta, in alcuni casi, non ha bisogno di particolare spiegazione e approfondimento, poiché gli imbrattamenti sono evidenti e non richiedono particolari capacità tecniche in capo all’osservatore.

La questione invece più problematica attiene ai graffiti comunque apprezzabili o che, addirittura, si configurano come vere e proprie opere d’arte, come è accaduto per il caso diventato celebre del “Naufrago bambino” [il graffito rappresenta un bambino che indossa un giubbotto salvagente con il braccio destro alzato che impugna una torcia dalla quale si sprigiona un fumo rosa], opera emblematica attribuita a Banksy, e tuttora esistente sul muro di un palazzo a valenza storico artistica di proprietà privata nel canale di Cà Foscari a Venezia.

In tali casi le questioni attengono alla proprietà privata o pubblica di un bene e alla nozione di imbrattamento o danneggiamento.

Ciò che rileva per la Corte di Cassazione è che laddove l’opera abbia una oggettiva apprezzabilità artistica e comunque sia rimuovibile con il ripristino delle condizioni originarie non si consuma il reato di danneggiamento, residuando ipotesi di azioni civilistiche connesse proprio al fatto che terzi abbiano comunque violato il diritto attinente la titolarità esclusiva di un bene.

Se si tratta di bene pubblico andrà poi verificato se l’eventuale opera abbia comunque inciso sulla destinazione funzionale del bene, cosa che raramente accade.

Proprio per tale ragione, soprattutto connessa allo scopo di comunicazione assertiva di molti graffiti, molte pubbliche amministrazioni tendono a garantire in determinate aree del Comune spazi riservati allo “sfogo” dei writers oppure concordano programmi o temi in occasione di eventi o addirittura riservano loro interi immobili in località specifiche.

Torneremo sul tema rivolgendo altre domande al Magistrato..

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