30
Nov2022

SEMPLIFICAZIONE E TUTELA DELL’AMBIENTE: LA RECENTE SENTENZA EUROPEA SUI SOTTOPRODOTTI

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 17 novembre 2022 (causa C-238/21), si è pronunciata sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti.
Nello specifico, al Giudice europeo è stato chiesto se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 osti ad una normativa nazionale in forza della quale la qualifica di rifiuto di materiali di scavo non contaminati – rientranti, in forza del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata – cessa unicamente quando gli stessi siano stati utilizzati come sostituti delle materie prime e dopo che siano stati soddisfatti alcuni requisiti formali (obblighi di registrazione e di documentazione).
Al fine di riscontrare il suddetto quesito, il Giudice europeo ha, dapprima, fornito un’articolata disamina normativa e giurisprudenziale sui concetti di rifiuto e di sottoprodotto, evidenziando la loro differenza e, successivamente, si è soffermato sui requisiti che devono sussistere per poter qualificare una sostanza o un oggetto come sottoprodotto.
La Corte ha, così, ricordato come, al fine di qualificare una sostanza o un oggetto come sottoprodotto, sia necessario che la sostanza o l’oggetto:
a) abbiano un’utilità per il suo detentore e che, pertanto, lo stesso non cerchi di disfarsene, ma intenda, piuttosto, riutilizzarlo economicamente;
b) sarà ulteriormente utilizzata;
c) deve poter essere utilizzata direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) deve essere prodotta come parte integrante di un processo di produzione;
e) deve soddisfare, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porta a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
In merito a tale ultimo requisito, tuttavia, la sentenza in commento ha osservato come
la normativa nazionale non possa subordinare la qualifica di sottoprodotto al rispetto di criteri formali, irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente, ma tali da impedire il raggiungimento degli obiettivi europei in materia di gestione dei rifiuti.
In altre parole, pronunciandosi in materia di materiali di scavo, la Corte di Giustizia UE ha rilevato come, se il loro riutilizzo venisse «ostacolato da criteri formali, che siano irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente, questi ultimi dovrebbero essere considerati in contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2008/98, i quali, come risulta dai considerando 6, 8 e 29 della stessa, consistono nel favorire l’applicazione della gerarchia dei rifiuti (…), nonché il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali e consentire l’attuazione di un’economia circolare».
Alla luce delle suddette considerazioni, i giudici europei hanno dichiarato che gli articoli 3, punto 1, e 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 devono essere interpretati nel senso che «ostano a una normativa nazionale in forza della quale materiali di scavo non contaminati, rientranti, ai sensi del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata,

  • devono essere qualificati come «rifiuti» sebbene il loro detentore non abbia né l’intenzione né l’obbligo di disfarsene e tali materiali soddisfino le condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva per essere qualificati come «sottoprodotti», e
  • perdono tale qualifica di rifiuto solo quando siano direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore abbia soddisfatto criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente, qualora questi ultimi abbiano l’effetto di compromettere il conseguimento degli obiettivi di detta direttiva».

Ecco, quindi, che i Giudici europei sembrano essersi pronunciati in merito al rapporto tra adempimenti burocratici e tutela dell’ambiente, confermando, seppur indirettamente, una necessaria semplificazione in materia, senza compromettere, ma, anzi, favorendo la tutela dell’ambiente.

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