19
Apr2023

IL FENOMENO DELLE INTERDITTIVE “A CASCATA”: IL MERO AIUTO DA PARTE DELL’IMPRESA INTERDETTA NON PROVA IL RISCHIO DI INFILTRAZIONE MAFIOSA

Il Consiglio di Stato, con sentenza del 23 marzo 2023, n. 2953, ha affrontato il problema del potere della Prefettura di adottare un’interdittiva c.d. “a cascata”, vale a dire un’informazione antimafia che colpisce la società che abbia intrattenuto rapporti economici con altra impresa interdetta, la quale potrà presumibilmente aver “contagiato” la prima.

Il Consiglio di Stato ha ricordato il principio secondo cui l’instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale, giustifica l’adozione di una “informativa a cascata”.

Tuttavia, ha altresì precisato che, affinché possa presumersi il “contagio” alla seconda impresa della “mafiosità” della prima, è necessario che la natura, la consistenza e i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due imprese siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami stretti tra i due operatori economici. Viceversa, laddove l’esame dei contatti tra le società riveli il carattere del tutto episodico, inconsistente o remoto delle relazioni d’impresa, deve escludersi l’automatico trasferimento delle controindicazioni antimafia dalla prima alla seconda società.

Alla luce di quanto sopra esposto, occorre, quindi, evidenziare due profili.

Il primo è il tipo di rapporto che deve intercorrere tra società sana e società interdetta, il quale può legittimare l’adozione di un’interdittiva “a cascata” qualora abbia carattere stabile, continuativo e non fortuito, dalla consistenza tale da rivelare le finalità illecite cui le relazioni d’impresa sono preordinate; viceversa, altrettanto non può essere affermato ove i contatti commerciali si rivelino sporadici e scarsamente significativi, da ciò emergendo la natura meramente episodica dell’associazione temporanea delle imprese.

Il secondo profilo riguarda il fatto che, per quanto sia lecito estendere gli effetti di un’interdittiva nei confronti di una società “contagiata” da altra già colpita da analogo provvedimento, non è possibile limitarsi a verificare la stabilità e non occasionalità delle relazioni aziendali, ma è necessario comunque procedere all’accertamento dei presupposti legittimanti l’esercizio di tale potere, così come specificato nell’art. 84 del Codice Antimafia. Tanto premesso, il Collegio ha concluso che il mero avvalimento, in senso atecnico, di un’impresa interdetta da parte di altra non direttamente gravata da sintomi di contiguità criminale, ai fini dell’esecuzione di una specifica lavorazione (tanto più se per conto di una P.A.), non è sufficiente a dimostrare, anche sul piano meramente indiziario, che la seconda impresa sia esposta al rischio di condizionamento mafioso di cui la prima sia risultata portatrice.

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