13
Apr2023

BENI CULTURALI E RICICLAGGIO

L’UTILIZZO DISTORTO E PERICOLOSO DELL’OPERA D’ARTE PER “RIPULIRE” RISORSE DI PROVENIENZA ILLECITA

a cura della Dott.ssa Tiziana Zanetti

Pubblicato in questi giorni il volume, curato da Fabio Perrone, che raccoglie gli Atti dell’Incontro di Studio “Liuteria antica e questioni moderne”, promosso dall’Academia Cremonensis, che ha visto la partecipazione di esperti del mondo accademico e professionale impegnati nella tutela del patrimonio culturale, tra i quali il nostro Studio.

Tra i vari temi, l’incontro ha affrontato quello delicato ed urgente del riciclaggio delle opere d’arte anche alla luce delle nuove disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale contenute nella L. 22/22, specialmente l’art. 518-sexies c.p., Riciclaggio di beni culturali, e il successivo art. 518-septies c.p., Autoriciclaggio di beni culturali.

Un mondo complesso, oscuro, subdolo che utilizza l’arte come fonte di investimento e occasione per ripulire denaro sporco, per occultare risorse delittuose spesso riuscendo a contaminare anche il mercato lecito. Più volte (anche qui) si è detto della dimensione inquietante del volume di affari legato al traffico illecito di opere d’arte: «tra i 4 e i 6 miliardi di dollari all’anno (ovvero, 8-10% del fatturato complessivo annuale del settore che ammonta a circa $ 60 mld)» riporta nel suo contributo[1] Giuseppe Miceli, esperto di antiriciclaggio e fondatore dell’Osservatorio Italia Antiriciclaggio per l’Arte.

Nell’ambito dell’accurata disamina delle diverse tipologie di riciclaggio quella che riguarda i beni restituisce la specifica insidiosità dello schema “attuativo”, che vede l’acquisto di opere d’arte, tra gli asset di lusso, spesso ricorrendo anche alla contraffazione (il bene contraffatto viene venduto come originale procurando un incasso in denaro “pulito”). Possono essere oggetto di riciclaggio anche le utilità (utility) come Criptovalute o NFT (Non Fungible Token) che «bene si prestano a un uso distorto che possa essere funzionale a mascherare la provenienza illecita di quella ricchezza che rappresentano e che in tale forma può facilmente essere reimmessa nel circuito di economia legale». Come contrastare questo fenomeno? Al legislatore nazionale – sempre ricordando la matrice convenzionale sovranazionale che ha rappresentato la spinta decisiva anche per la riforma operata con L. 22/22 – il compito sempre più impegnativo di intervenire per colmare le lacune normative, considerando anche la rapidità dei fenomeni che avvengono nel mondo dell’arte e di quelli criminali soprattutto. E se – come propone Giuseppe Miceli – si dotasse ogni opera di un Passaporto digitale per le opere d’arte® capace di individuarla in maniera univoca e immediata, di descriverla nelle sue caratteristiche fondamentali (in primis l’autenticità) garantendone in ogni momento la tracciabilità?


[1] G. MICELI, Antiriciclaggio e beni culturali, pp. 131-139, in F. PERRONE (a cura di), Liuteria antica e questioni moderne. Dalla definizione di bene musicale al censimento, dalla circolazione all’antiriciclaggio e formazione dei magistrati, Atti dell’Incontro di Studio – 1 ottobre 2022, Academia Cremonensis, con il patrocinio di: Ordine Avvocati di Cremona, INDAC (Istituto Nazionale per il Diritto dell’Arte e del patrimonio culturale), in collaborazione con Università di Siena, Università degli Studi dell’Insubria, Studio legale Leonardo Salvemini, Studio Fabio Perrone. Le citazioni sono tratte dalla p. 131 e la successiva dalla p. 135.

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