08
Nov2023

IL DIPENDENTE PUBBLICO, L’ASPETTATIVA E L’AUTORIZZAZIONE A RICOPRIRE INCARICHI EXTRA LAVORATIVI: LEGAME INDISSOLUBILE?

La Corte dei Conti, sezione centrale d’appello, con sentenza n. 325 del 6 novembre 2023, ha sancito il principio per cui l’art. 23 bis d.lgs. 165/2001 stabilisce che il periodo di aspettativa – se autorizzata dall’amministrazione di appartenenza del richiedente – comporta il mantenimento della qualifica posseduta; da ciò discende che, salva la sospensione delle reciproche prestazioni, l’aspettativa non costituisce una quiescenza o sospensione del rapporto di pubblico impiego, in quanto – pur latenti le obbligazioni sinallagmatiche tra le parti – a carico dell’impiegato permangono tutti gli obblighi, consustanziali al rapporto di lavoro pubblico, di fedeltà e di esclusività sanciti dall’art. 98 Cost., quali, ad esempio, quello di mantenere una condotta conforme alle proprie funzioni, di mantenere il segreto di ufficio e di non incorrere in alcuno dei casi di incompatibilità, ma anche i limiti – consistenti in autorizzazioni, comunicazioni, e conseguenti deroghe specifiche e tassative – posti a protezione dei beni, costituzionalmente tutelati, dell’imparzialità del dipendente pubblico. L’aspettativa comporta la sospensione non del rapporto di impiego, ma solo dell’obbligo di prestare servizio, perdurando tutti gli altri doveri del pubblico dipendente, come quello di non svolgere attività incompatibili. La condizione di aspettativa, quindi, non esime dall’obbligo di richiedere la prescritta autorizzazione all’espletamento di un incarico esterno – e tantomeno può essere utilizzata come escamotage per sottrarsi agli obblighi di lealtà, fedeltà ed esclusività – riconducendosi un automatismo nell’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico alle sole ipotesi espressamente previste dalla legge ed in deroga alla disciplina generale.

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