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Gen2023

I BENI ETNOANTROPOLOGICI E LA LORO TUTELA: TRA DIRITTO E ANTROPOLOGIA

a cura della Dott.ssa Tiziana Zanetti

Innumerevoli le eccellenze del nostro Paese (anche) in materia di beni etnoantropologici: beni materiali e immateriali che testimoniano il sapere, il saper fare, le tradizioni e più in generale la storia di una comunità. Numerosi i musei etnografici che li conservano e che richiedono competenze specifiche per la loro tutela e valorizzazione. Si veda, come esempio interessante ed emblematico, correlato al tempo festivo appena trascorso e all’operazione di censimento in corso: Presepi d’Italia – Istituto Centrale per il patrimonio immateriale (beniculturali.it), Ministero della Cultura.    

Faticoso il riconoscimento di tali tipologie di beni nel diritto nazionale, in specie nella normativa codicistica (D.lgs. 42/2004)* abituata alle categorie tradizionali, ai beni culturali intesi come res. Fondamentale l’impulso derivante dal diritto internazionale pattizio, specialmente: la Convenzione Unesco per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale del 2003, ratificata dall’Italia con L. 167/2007 e la Convenzione Unesco sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali del 2005, ratificata con L. 19/2007. Da ultimo la Convenzione di Faro (Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società), ratificata con L. 133/2020 che ravviva, senza risolverlo, il nodo problematico della perimetrazione di ciò che è «bene culturale». Nell’architettura istituzionale della tutela, a livello centrale e periferico, in seguito alle varie riforme organizzative che hanno interessato il MiBACT (oggi MiC), i beni etnoantropologici e il parere del demo-etnoantropologo assumono una rilevanza fondamentale.

Ci aiuta a fare luce sull’argomento la Prof.ssa Angela Biscaldi, Professore associato in Antropologia culturale al Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Statale di Milano e Presidente del Corso di Laurea in Scienze Sociali per la Globalizzazione.

1) Quali sono le caratteristiche principali dei beni di interesse etnoantropologico rilevanti anche per il Diritto?

Il termine etnoantropologico si riferisce allo studio delle culture umane (antropologia) e quindi a tutti i prodotti della vita sociale e culturale realizzati degli uomini in tutti i luoghi e in tutti i tempi. La principale caratteristiche di questi beni è quella di “oggettivare” il senso di identità culturale e appartenenza comunitaria e quindi essi si differenziano dagli altri beni materiali o immateriali per il valore simbolico ad essi attribuito e spesso anche per il legame affettivo che la comunità intrattiene con essi.

2) In che modo l’antropologo può essere d’aiuto al giurista?

Il contributo dell’antropologo è fondamentale nell’aiutare a contestualizzare i beni culturali, per comprendere, tutelarne e valorizzarne, i significati culturali che essi esprimono e le memorie culturali di cui sono portatori per le comunità. Ma il suo contributo è importante anche nell’analisi critica dei processi di patrimonializzazione, cioè nell’analisi dei processi che portano a selezionare che cosa merita di essere “messo in valore” e quindi a legittimare particolari rappresentazioni del patrimonio da trasmettere alle generazioni future.

(*) Il D.lgs. 42/2004 li cita all’art. 2: Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.

(**) Per quanto riguarda la valorizzazione, materia di legislazione concorrente Stato-Regioni, per la Lombardia si veda: Beni etnoantropologici – Lombardia Beni Culturali

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