15
Mar2023

IL DIRITTO ALL’OBLIO E LA RICHIESTA DI DEINDICIZZAZIONE A SEGUITO DELLA RIFORMA CARTABIA

Il diritto all’oblio, come definito da una recente sentenza della Corte di Cassazione civile, Sez. I, n. 9147/2020,  consiste nel diritto a non rimanere esposti, senza limiti di spazio, a una rappresentazione non più attuale della propria persona, con pregiudizio alla reputazione e alla riservatezza, a causa della ripubblicazione, a distanza di un rilevante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato.

Analogamente, sebbene non vi sia una definizione universalmente riconosciuta di diritto all’oblio, la dottrina lo ha definito come il diritto a che determinati fatti, resi pubblici e attinenti a un individuo, con il decorso del tempo, cessino di avere tale notorietà.

È evidente, pertanto, come il diritto all’oblio sia strettamente collegato al diritto alla riservatezza e, in tale ottica, tuteli l’individuo nella propria pretesa di non vedere più divulgate notizie che non siano di interesse pubblico, aggiornate o contestualizzate.

Correlato al suddetto diritto  e, in un certo senso, ad esso strumentale, è la richiesta di “deindicizzazione”. A differenza dalla rimozione o dalla cancellazione, infatti, la deindicizzazione non elimina il contenuto della pubblicazione, ma si limita a rendere quest’ultima non più accessibile tramite i motori di ricerca esterni all’archivio in cui si trova.

Sul punto, il D.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022 (c.d. Decreto di attuazione della Riforma Cartabia), ha introdotto l’art. 64 ter c.p.p.,rubricato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”.

La nuova norma introdotta prevede che il soggetto nei cui confronti sia stata pronunciata una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ovvero un provvedimento di archiviazione, può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione sul web dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento.

Nel caso di richiesta volta ad ottenere una preclusione dell’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone sullo stesso e sottoscrive un’annotazione del seguente tenore: «ai sensi e nei limiti dell’art. 17 del Regolamento UE n. 679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante».

Qualora venga, invece, richiesta la deindicizzazione, la cancelleria appone e sottoscrive l’annotazione, anch’essa espressamente richiamata dalla norma, secondo cui «il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’art. 17 del Regolamento UE n. 679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del  27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante».

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