Newsletter 7/2020

Quale sindacato può esercitare il giudice in relazione alle valutazioni di anomalia dell’offerta?

Quale sindacato può esercitare il giudice in relazione alle valutazioni di anomalia dell’offerta?

Per giurisprudenza consolidata, il sindacato
giurisdizionale
sulla valutazione di anomalia e incongruità dell’offerta
è governato dai seguenti principi:

sindacato
giurisdizionale

valutazione di anomalia e incongruità dell’offerta

  1. mentre è richiesta un’articolata e approfondita
    motivazione laddove l’amministrazione non condivida le giustificazioni offerte
    dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione, al contrario, la
    valutazione favorevole circa le giustificazioni dell’offerta sospetta di
    anomalia, non richiede un particolare onere motivazionale (Cons. St., sez. V, n. 8909/2019);
  2. la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata ad
    accertare l’attendibilità e la serietà della stessa sulla base di una
    valutazione, da parte della stazione appaltante, che ha natura globale e
    sintetica e che costituisce espressione di un tipico potere
    tecnico-discrezionale riservato alla P.A. (Cons. St., sez. V, n. 6689/2018);
  3. un siffatto giudizio tecnico-discrezionale risulta
    insindacabile in sede giurisdizionale salvo che nelle ipotesi di manifesta e
    macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della Commissione di
    gara che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (Cons. St., sez. III, n. 2079/2019);
  4. allorquando la stazione appaltante abbia concluso
    positivamente il giudizio di congruità dell’offerta, spetta alla parte
    ricorrente, che contesti l’operato della P.A., addurre argomenti idonei a
    confutare detto giudizio e a sostenerne la sindacabilità in ambito
    giurisdizionale nei limiti sopra citati (Cons. St., sez. V, n. 8909/2019);
  5. il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni
    della P.A. sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza
    dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica
    della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando
    un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione
    (Cons. St., sez. V, n.
    1541/2018).
  • mentre è richiesta un’articolata e approfondita
    motivazione laddove l’amministrazione non condivida le giustificazioni offerte
    dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione, al contrario, la
    valutazione favorevole circa le giustificazioni dell’offerta sospetta di
    anomalia, non richiede un particolare onere motivazionale (Cons. St., sez. V, n. 8909/2019);
  • la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata ad
    accertare l’attendibilità e la serietà della stessa sulla base di una
    valutazione, da parte della stazione appaltante, che ha natura globale e
    sintetica e che costituisce espressione di un tipico potere
    tecnico-discrezionale riservato alla P.A. (Cons. St., sez. V, n. 6689/2018);
  • un siffatto giudizio tecnico-discrezionale risulta
    insindacabile in sede giurisdizionale salvo che nelle ipotesi di manifesta e
    macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della Commissione di
    gara che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (Cons. St., sez. III, n. 2079/2019);
  • allorquando la stazione appaltante abbia concluso
    positivamente il giudizio di congruità dell’offerta, spetta alla parte
    ricorrente, che contesti l’operato della P.A., addurre argomenti idonei a
    confutare detto giudizio e a sostenerne la sindacabilità in ambito
    giurisdizionale nei limiti sopra citati (Cons. St., sez. V, n. 8909/2019);
  • il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni
    della P.A. sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza
    dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica
    della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando
    un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione
    (Cons. St., sez. V, n.
    1541/2018).
  • Richiamando i principi sopra esposti, il Consiglio di Stato, sez. III, 20 maggio 2020, n. 3207, è nuovamente intervenuto sul tema, chiarendo che anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti rientra nella discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della pubblica amministrazione.

    Consiglio di Stato, sez. III, 20 maggio 2020, n. 3207
    esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti
    discrezionalità tecnica
    soltanto
    macroscopiche illegittimità
    il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato


    I confini incerti dei
    contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura

    I confini incerti dei
    contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura

    Con la sentenza n.
    3169 del 19 maggio 2020
    , il Consiglio
    di Stato
    cerca di fare chiarezza in ordine ai c.d. contratti “continuativi
    di cooperazione, servizio e/o fornitura”, previsti dall’art. 105, comma 3,
    lett. c-bis), del Codice dei contratti pubblici, qualificabili come mezzo
    alternativo all’avvalimento per consentire all’operatore concorrente, non in
    possesso di tutti i requisiti tecnici richiesti dal bando, di partecipare alla
    procedura attraverso la cooperazione con un terzo che assume il ruolo di
    ausiliario – cooperante.

    sentenza n.
    3169 del 19 maggio 2020

    Consiglio
    di Stato

    Infatti, la sintetica disciplina prevista dalla norma
    succitata genera frequentemente confusione tra l’istituto in commento e altri
    istituti (v. ad esempio Cons. St., sez. III, 27 novembre 2017, n. 5541e Cons.
    St., sez. III, 18 luglio 2019, n. 5068), quali, ad esempio l’avvalimento o il
    subappalto, che si assomigliano per alcune caratteristiche. Conseguentemente, a
    fianco del proliferare del contenzioso, si genera anche una certa malfidenza
    nell’utilizzo dello strumento dei contratti continuativi di cooperazione,
    servizio e/o fornitura.

    Ritiene il Collegio che con i “contratti di
    cooperazione servizio e/o fornitura” la legge faccia riferimento ai contratti
    che il concorrente stipula con terzi allo scopo di procurarsi quanto necessario
    alla propria attività d’impresa ovvero, nello specifico, quei beni e
    servizi indispensabili all’esecuzione della prestazione in affidamento,
    cosicché ne consegue che «i terzi contraenti, quindi, non eseguono una parte
    della prestazione oggetto dell’appalto ma procurano all’operatore economico
    aggiudicatario i mezzi per la sua esecuzione» (cfr. Cons. St., sez. V, 27
    dicembre 2018, n. 7256; contra Cons. St., sez. III, 18 luglio 2019, n. 5068).

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    Non è così, invece, nel caso dell’avvalimento, per il
    quale l’art. 89, comma 1, prevede la presentazione di una dichiarazione
    sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il
    concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta
    la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente.

    Sotto altro punto di vista i contratti in commento
    differiscono anche dal subappalto in quanto, mentre quest’ultimo è il contratto
    con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni
    o lavorazioni oggetto del contratto di appalto (comma 2), i contratti di
    cooperazione continuativa, di converso, non hanno ad oggetto la prestazione
    affidata ma quei beni e servizi dei quali l’impresa aggiudicataria necessita
    per poter, essa sola, eseguire la prestazione oggetto del contratto d’appalto.

    A prescindere dagli aspetti peculiari di ogni vicenda, va
    detto però che i criteri di qualificazione sopra ricordati – direzione
    soggettiva della prestazione ed oggetto del contratto – consentono di risolvere
    in maniera sufficientemente attendibile anche i casi dubbi, assumendo carattere
    dirimente stabilire se l’impresa aggiudicataria, stipulando un contratto di
    cooperazione continuativa, si sia limitata a procurarsi il bene strumentale
    alla prestazione da rendere all’amministrazione, ovvero abbia affidato al terzo
    cooperante l’esecuzione di una parte (o frazione) della prestazione assunta nei
    confronti dell’amministrazione che non era in grado di eseguire.

    Ferma, infatti, la possibilità per gli operatori economici di associarsi secondo varie formule (i raggruppamenti temporanei, i consorzi temporanei o stabili, le aggregazioni di imprese nella forma del c.d. contratto di rete, il c.d. gruppo europeo di interesse economico, GEIE) l’apporto di un soggetto esterno all’operatore che ne ha bisogno per integrare i requisiti di partecipazione richiesti dal bando deve avvenire mediante lo strumento del contratto di avvalimento di cui all’art. 89 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (cfr. Cons. St., sez. V, 19 aprile 2018, n. 2381).


    Lottizzazione abusiva e confisca: questione proporzionalità

    Lottizzazione abusiva e confisca: questione proporzionalità

    La Corte di
    Cassazione
    , con sentenza n. 12640
    del 22 aprile 2020
    , in tema di lottizzazione abusiva, ha affermato che l’effettiva
    e integrale eliminazione di tutte le opere eseguite, nonché dei pregressi
    frazionamenti, cui sia conseguita, in assenza di definitive trasformazioni, la
    ricomposizione fondiaria e catastale dei luoghi nello stato preesistente, se
    dimostrata in giudizio ed accertata in fatto dal giudice del merito, rende
    superflua la confisca in quanto misura sproporzionata alla luce dei parametri
    di valutazione del principio di protezione della proprietà di cui all’art.
    1 del Prot. n. 1, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 28
    giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia.

    Corte di
    Cassazione

    sentenza n. 12640
    del 22 aprile 2020

    Sulla necessità di contemperare le esigenze anticipatorie
    tipiche delle misure cautelari con le tempistiche del giudizio di merito  la Corte Edu, con la predetta sentenza, ha
    affermato che al fine di valutare la proporzionalità della confisca, possono
    essere presi in considerazione specifici elementi, tra cui si annoverano la
    possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere
    non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento del progetto di
    lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può
    comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree
    appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o,
    quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione.

    La Suprema Corte, pertanto, facendo proprio l’insegnamento espresso dalla corte europea, ha precisato che se lo scopo è quello di ripristinare la conformità urbanistica dell’area interessata dall’intervento lottizzatorio abusivo, la riconduzione della stessa alle originarie condizioni deve essere effettiva ed integrale, non assumendo quindi rilievo interventi ripristinatori fittizi o soltanto parziali, dovendosi intendere come tali non soltanto quelli attuati mantenendo anche soltanto alcuni degli interventi realizzati, ma anche quelli resi impossibili dalle trasformazioni effettuate (si pensi, ad esempio, a disboscamenti, sbancamenti di terreno ed altri interventi di definitiva mutazione dell’originario assetto dell’area).


    Amianto e curatore
    fallimentare: oneri di bonifica e manutenzione tra “chi inquina paga” e
    precauzione

    Amianto e curatore
    fallimentare: oneri di bonifica e manutenzione tra “chi inquina paga” e
    precauzione

    Il Consiglio di
    Stato
    , con due recenti sentenze, si è espresso sul tema relativo la
    legittimazione passiva del curatore fallimentare in relazione ad interventi di
    manutenzione e bonifica di materiali contenenti amianto, presenti nelle strutture
    edilizie in sua disponibilità.

    Consiglio di
    Stato

    In particolare, con la sentenza del 12 marzo 2020 n. 1759, la sezione Vdel Consiglio di Stato – dopo aver
    ricordato l’interpretazione secondo cui, in forza del principio “chi inquina
    paga”, al proprietario non responsabile dell’inquinamento non può essere
    imposto un ordine di ripristino e bonifica dell’intero sito inquinato (cfr. Cons. St. n. 3885/2009 e Cons. St.
    n. 5580/2019) –  ha osservato come tale
    opzione interpretativa non conduce ad escludere sempre e comunque la
    legittimazione passiva della curatela in materia ambientale.

    sentenza del 12 marzo 2020 n. 1759
    cfr.

    Il curatore fallimentare è, infatti, detentore c.d. qualificato degli immobili e,
    essendo il fallito privo dell’amministrazione e della disponibilità dei bene,
    l’onere di adottare le predette misure non può che incombere su di lui. Il
    curatore fallimentare può, quindi, essere chiamato ad adottare le necessarie misure
    preventive d’urgenza ovvero misure che, non avendo carattere sanzionatorio
    o ripristinatorio, prescindono dall’accertamento del dolo o della colpa.

    c.d.

    Ne consegue che l’intervento del curatore, in qualità di
    detentore qualificato dell’immobile, «è imponibile nei limiti delle misure
    indispensabili a prevenire o eliminare situazioni di danno attuale o di grave
    pericolo di danno, comprese misure emergenziali e non definitive … ove sufficienti
    allo scopo di contrastare, con immediatezza ed efficacia, minacce imminenti
    per la salute e per l’ambiente». Secondo la V sezione del Consiglio di
    Stato, tra queste misure rientrano gli interventi volti a garantire la
    sicurezza del sito, tra cui, ad esempio, quelli finalizzati ad impedire l’accesso
    a terzi, ma non quelli diretti a rimuovere eventuali vizi strutturali, come
    le opere di rimozione delle parti in amianto.

    Di contro, ad avviso della IV sezione del
    Consiglio di Stato (sentenza del 19
    marzo 2020 n. 1961
    ), sono misure preventive necessarie ed urgenti anche quelle
    volte a rimuovere le fibre di amianto dalle coperture e dall’interno degli edifici.
    Il rischio di dispersione nell’ambiente dei predetti materiali, infatti, è
    riconducibile allo stato di degrado del fabbricato e può aggravarsi a causa
    dell’azione di agenti atmosferici. Si pensi, ad esempio, all’«azione del
    vento» in grado di «strappare via una parte delle coperture del tetto
    contenenti amianto».

    sentenza del 19
    marzo 2020 n. 1961

    Se da un lato, quindi, il curatore
    fallimentare non succede alla responsabilità del fallito e non può, pertanto,
    essere destinatario di misure sanzionatorie o ripristinatorie, dall’altra la
    curatela è tenuta all’adempimento degli obblighi di custodia, manutenzione e
    messa in sicurezza del bene: obblighi tra cui rientrano anche quelli di
    sorveglianza continua dei manufatti contenenti amianto, considerato che, nel
    corso del tempo, i fenomeni atmosferici e naturali possono rendere pericolosi per
    la salute pubblica anche gli edifici che, sino a quel momento, erano considerati
    sicuri.

    In conclusione, in entrambe le sentenze
    menzionate, il Consiglio di Stato ha sancito l’opportunità di distinguere tra
    obblighi di intervento e bonifica ed obblighi di controllo e manutenzione,
    affermando che i primi, in forza del principio “chi inquina paga”, gravano sul proprietario,
    mentre i secondi, in forza del principio di precauzione, ricadono sul soggetto
    che detiene o utilizza il bene nel momento in cui si rende necessario
    l’intervento ovvero anche sul curatore fallimentare. Ancora dubbia, invece, rimane
    la qualificazione degli interventi di rimozione dell’amianto, anche se, come
    ricordato, la più recente giurisprudenza (Cons. St. n. 1961/2020) pare
    annoverarli tra le misure preventive necessarie ed urgenti per tutelare
    l’ambiente e la salute pubblica.


    Quale provvigione per il mediatore? Interessante arresto della giurisprudenza di merito

    Quale provvigione per il mediatore? Interessante arresto della giurisprudenza di merito

    Una recente
    pronuncia della Corte d’Appello di
    Milano
    ha chiarito quando scatta il diritto del mediatore immobiliare di
    ricevere la provvigione pattuita.

    Corte d’Appello di
    Milano

    Ebbene,
    diversamente da come si può pensare, il diritto alla provvigione per il
    mediatore scatta non per il solo fatto di aver messo in contatto due o più
    soggetti bensì se l’affare è stato concluso per l’intervento del predetto
    mediatore.

    La Corte, con
    la sentenza 18 gennaio 2019 n. 254
    ha, infatti, statuito che non appare sufficiente che il mediatore abbia “messo
    in relazione le parti”, laddove non si riesca a dimostrare il passaggio
    successivo, cioè la funzionalità della sua opera professionale alla conclusione
    dell’affare”.

    sentenza 18 gennaio 2019 n. 254

    Secondo la
    disciplina normativa, il mediatore è “colui che mette in relazione due o più
    parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da
    rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”. Secondo
    giurisprudenza costante, (cfr. Cass.
    SS.UU. sentenza del 02.08.2017, n. 19161
    ): “la sua attività si caratterizza
    per il fatto di essere imparziale rispetto alle parti messe in contatto, e il
    diritto alla provvigione sorge, ex art. 1755 c.c., solo quando la conclusione
    dell’affare è il risultato del suo intervento”, indipendentemente
    dall’esistenza o meno di un incarico preventivo.

    Cass.
    SS.UU. sentenza del 02.08.2017, n. 19161

    La conseguenza di tale orientamento è che spetterà al mediatore non solo provare di aver messo in contatto due o più soggetti ma anche che detto contatto è stato prodromico alla conclusione dello specifico affare, intervento senza il quale lo stesso affare non si sarebbe mai concluso.

    Tutti i diritti sui contenuti sono riservati e soggetti a copyright.

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