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La tutela dell’ambiente tra Stato e Regioni – La parola torna alla Corte Costituzionale

Il delicato tema del riparto di competenze tra Stato e Regioni è tornato all’attenzione della giurisprudenza. Recentemente, infatti, la sezione di Brescia del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha, con ordinanza n. 887/2025, pubblicata il 9 ottobre 2025, rimesso alla Consulta le questioni di legittimità costituzionale relative: a) all’art. 16, comma 1, lettera b) della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, come modificato dall’art. 15, comma 4, della l.r. 7 agosto 2020, n. 18 e b) all’art. 2, comma 7 quinquies, della legge della Regione Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5.

Nello specifico, il giudice amministrativo, pronunciandosi in merito a provvedimenti ex art. 27 bis D.lgs. 152/2006 (PAUR) ed ex art. 208 D.lgs. 152/2006, si è concentrato sulle disposizioni legislative regionali che individuano la Provincia quale autorità competente, ricordando come la potestà esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, comma 2, lett. s) Cost., comporti «che il solo legislatore nazionale sia competente a definire l’organizzazione delle corrispondenti funzioni amministrative anche attraverso l’allocazione di competenze (…)», con la conseguenza che deve essere «sempre la legge, statale o regionale, in relazione al riparto di competenze legislative, a operare la concreta collocazione delle funzioni (…)».

Tanto premesso, il Collegio ha osservato come, a livello nazionale, l’art. 208 D.lgs. 152/2006 assegni il rilascio dell’autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti alla Regione, mentre l’art. 16, comma 1, lettera b) della L.R. 26/2003 prevede che l’approvazione spetti alle Province.

Orbene, il Tribunale ha ricordato anche come, in data 11 agosto 2023, sia entrato in vigore il D.L. 104/2023, convertito in L. 136/2023, il quale dispone all’art. 22 che le Regioni possono conferire, con legge, agli enti locali, le funzioni amministrative di cui, tra il resto, all’art. 208 D.lgs. 152/2006. Tale art. 22 D.L. 104/2023, tuttavia, prosegue il provvedimento in parola, nel consentire il trasferimento delle funzioni, ha disposto che lo stesso debba avvenire con una legge regionale disciplinante i poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni da parte della Regione ovvero il supporto tecnico-amministrativo agli enti e l’esercizio dei poteri sostitutivi regionali in caso di verificata inerzia.

Di contro, nel caso di specie, osserva il Tar, la legge regionale 26/2003, ratione temporis vigente, non disciplinava i suddetti aspetti, essendo stati introdotti, con l’art. 16 bis L.R. 26/2003, solo dalla L.R. 6/2024, entrata in vigore il 6 dicembre 2024 e, quindi, successivamente all’adozione, avvenuta in data 10 aprile 2024, del provvedimento impugnato.

Pertanto, conclude il Tribunale, all’epoca dell’adozione dell’atto impugnato, l’art. 16 bis L.R. 26/2003 non era vigente e, quindi, l’art. 16, comma 1, lettera b) L.R. 26/2003, sulla cui base la Provincia ha esercitato la propria competenza in materia, non rispettava i criteri stabiliti dalla Legge nazionale (art. 22 D.L. 104/2023), «ponendosi … in contrasto con l’art. 117, comma 2, lettera “s” Cost».

A nulla, inoltre, rileva, ad avviso dei giudici di prime cure, che l’art. 22 D.L. 104/2023 abbia fatte salve le disposizioni regionali già all’epoca vigenti che avevano trasferito le funzioni in parola, atteso che anche detta previsione è, comunque, da intendersi «soggetta alle condizioni di cui al secondo periodo, ovverosia alla “disciplina dei poteri di indirizzo, coordinamento e controllo sulle funzioni da parte della Regione, il supporto tecnico-amministrativo agli enti cui sono trasferite le funzioni e l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Regione». Una diversa lettura della disposizione in parola, infatti, oltre a palesare «dubbi di costituzionalità non soltanto sotto il profilo della intrinseca ragionevolezza (imponendo un trattamento differenziato alle norme di delega regionali a seconda che siano intervenute prima o dopo l’entrata in vigore dell’art. 22 D.L. 104/2023)», sarebbe «comunque smentita dal tenore letterale della disposizione, che si limita a fare “salve” le disposizioni regionali che abbiano trasferito le funzioni amministrative in essa menzionate, senza l’aggiunta di locuzioni quali “comunque” o “in ogni caso”, che avrebbero potuto palesare un’intentio legis di sanatoria sganciata dalle prescrizioni di cui al periodo che precede».

Alla luce delle suddette considerazioni, il T.A.R. ha ritenuto di sottoporre all’attenzione della Corte il contrasto dell’art. 16, comma 1, lettera b) della L.R. 26/2003, ratione temporis vigente, con l’art. 117, comma 2,  lettera s) Cost., laddove, non disciplinando, all’epoca dei fatti, i poteri di indirizzo, coordinamento e controllo ovvero il supporto tecnico-amministrativo e l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte della Regione, non rispettava i parametri indicati nell’art. 22 D.L. 104/2023.

Non di meno, il Tribunale ha ritenuto di non poter escludere l’ipotizzato contrasto tra l’art. 2, comma 7 quinquies, della legge della regione Lombardia 2 febbraio 2010, n. 5 e l’art. 117, comma 2, lettera s) Cost., nella parte in cui attribuisce alle Province le funzioni amministrative, in materia di rilascio del PAUR, che il legislatore statale ha, con l’articolo 27 bis D.lgs. 152/2006, attribuito esclusivamente alle Regioni.

Inizia, così, un altro importante capitolo sul riparto di competenze in materia ambientale, sul quale si attende, ora, la pronuncia della Corte Costituzionale.

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