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Valutazione di impatto ambientale e attività estrattive: anche gli effetti sul clima assumono rilievo

La tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche e nelle azioni dell’Unione europea, così da garantire uno sviluppo sostenibile. È questo uno dei principi cardini del panorama sovranazionale, che trova attuazione anche attraverso strumenti volti a regolare l’impatto di determinati progetti pubblici e privati sul bene ambiente; strumenti tra i quali assume rilievo la valutazione di impatto ambientale (VIA).

Ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva 2011/92/UE, infatti, la VIA individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare, gli effetti diretti e indiretti di determinati progetti sull’uomo, la fauna e la flora ovvero su suolo, acqua, aria, clima e paesaggio, oltre che sui beni materiali e patrimonio culturale e sull’interazione tra i predetti fattori.

In un siffatto contesto, si inserisce la recente pronuncia resa, il 25 maggio 2025, dalla Corte EFTA, chiamata ad esprimersi su un caso riguardante una controversia tra lo Stato norvegese e Greenpeace Nordic e Nature and Youth Norway in merito alla validità delle autorizzazioni rilasciate per l’estrazione di petrolio e gas naturale nel Mare del Nord, senza aver valutato l’impatto che le emissioni di gas a effetto serra, derivanti dalla combustione dei predetti, potrebbe avere sul clima.

In altre parole, alla Corte è stato chiesto se le emissioni di gas a effetto serra che saranno rilasciate dalla combustione del petrolio e del gas naturale estratti nell’ambito di un progetto sottoposto a VIA, e poi venduti a terzi, costituiscano “effetti” di tale progetto e, pertanto, debbano essere tenuti in considerazione nel corso del procedimento autorizzatorio.

Sul punto – dopo aver ricordato come l’obiettivo della valutazione di impatto ambientale sia proprio quello di prevenire il danno alla fonte, piuttosto che contrastarne successivamente gli effetti – i Giudici hanno osservato come l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva VIA impone una valutazione appropriata e completa di tutti i probabili effetti significativi, diretti e indiretti, di un progetto su diversi fattori, compreso il clima. Le emissioni di gas a effetto serra, del resto, sono una delle principali cause del cambiamento climatico che gli Stati si sono impegnati a contrastare e, se non fosse per il progetto di estrazione autorizzato, il petrolio e il gas naturale non verrebbero estratti e venduti a terzi con la conseguente probabilità di essere utilizzati come combustibile, ossia come fonte di ulteriori emissioni di gas climalteranti.

Ne consegue, conclude la Corte, la necessità, nell’ambito di un procedimento di VIA, di tenere in considerazione l’impatto prodotto sul clima dalle emissioni di gas a effetto serra che saranno rilasciate dalla combustione del petrolio e del gas naturale estratti nell’ambito di un progetto sottoposto alla predetta valutazione ambientale e successivamente venduti a terzi. Il fatto che le emissioni saranno nuovamente prese in considerazione nel contesto di un successivo progetto di raffinazione, infatti, non esclude la necessità di doverle considerare anche in fase di autorizzazione del progetto di estrazione, atteso che proprio in detto contesto si potrà decidere di evitare nuove emissioni di gas a effetto serra, rinunciando o riducendo lo sfruttamento dei giacimenti.

In conclusione, gli effetti che determinati progetti, come quelli di estrazione del petrolio e del gas naturale, hanno sul clima sono da tenere in considerazione in fase di valutazione di impatto ambientale, in pieno rispetto, del resto, con i principi cardine di detta materia che impongono, in primis, di impedire l’evento dannoso.

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